venerdì 28 marzo 2014

Bisogno di poesia?

Spesso siamo così arrabbiati con noi stessi che non riusciamo a vivere l'amore né per noi, né per gli altri, né per Dio, ma forse abbiamo solo bisogno di un po' di poesia per accendere nuove emozioni e ridipingere di colori nuovi la nostra vita ( by Don Fabio Corazzina)
Non ho bisogno di denaro
Ho bisogno di sentimenti
Di parole scelte sapientemente
Di fiori detti pensieri
Di rose dette presenze
Di sogni che abitino gli alberi
Di canzoni che facciano danzare le statue
Di stelle che mormorano all'orecchio degli amanti.
Ho bisogno di poesia
Questa magia che brucia la pesantezza delle parole
Che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.
(AldaMerini)

mercoledì 19 marzo 2014

Il ritorno di Giuseppe

Dedico questa canzone a tutti i papà in difficoltà, perché trovino la forza di dare un senso vero alla parola famiglia e di lottare quotidianamente per rendere concreta la voglia di appartenenza ad una comunità aperta e trasparente, senza paura di dover mostrare il proprio vero volto
Che uomo e che padre ... questo Giuseppe! E che madre la sua amata !!!
Chiudi gli occhi e ascolta questo racconto di amore, paternità e dolcezza coraggiosi.




 Stelle, già dal tramonto,
si contendono il cielo a frotte,
luci meticolose
nell'insegnarti la notte.

Un asino dai passi uguali,
compagno del tuo ritorno,
scandisce la distanza
lungo il morire del giorno.

Ai tuoi occhi, il deserto,
una distesa di segatura,
minuscoli frammenti
della fatica della natura.

Gli uomini della sabbia
hanno profili da assassini,
rinchiusi nei silenzi
d'una prigione senza confini.

Odore di Gerusalemme,
la tua mano accarezza il disegno
d'una bambola magra,
intagliata del legno.

"La vestirai, Maria,
ritornerai a quei giochi
lasciati quando i tuoi anni
erano così pochi."

E lei volò fra le tue braccia
come una rondine,
e le sue dita come lacrime,
dal tuo ciglio alla gola,
suggerivano al viso,
una volta ignorato,
la tenerezza d'un sorriso,
un affetto quasi implorato.

E lo stupore nei tuoi occhi
salì dalle tue mani
che vuote intorno alle sue spalle,
si colmarono ai fianchi
della forma precisa
d'una vita recente,
di quel segreto che si svela
quando lievita il ventre.

E a te, che cercavi il motivo
d'un inganno inespresso dal volto,
lei propose l'inquieto ricordo
fra i resti d'un sogno raccolto.

lunedì 10 marzo 2014

Il tuo primo giorno

 













 La cronaca del giorno della nascita trascritta dal diario " I suoi primi anni", dopo 35 anni diventato quasi illeggibile, per i posteri e chi lo vorrà leggere adesso.



"La mamma  è stata ricoverata in ospedale alle ore 21 di venerdì 9 marzo, perché Michele stava per nascere. Alle 5,45 del giorno dopo, sabato 10 marzo 1979, veniva alla luce un magnifico bambino di kg 3,350, sanissimo, urlante, con lunghissimi capelli scuri, 
Papà Gabriele, che avrebbe desiderato assistere alla nascita del suo bambino, aveva accompagnato mamma Luigina, armato di macchina fotografica, invece è riuscito a scattare solo quella qui a sinistra della porta chiusa della sala parto, prima di tornare a casa, perché secondo i medici, Michele non sarebbe nato prima delle 8-9 del mattino seguente. Invece aveva fretta di nascere ed il suo papà l'ha saputo dopo 10 minuti dalla telefonata di un'ostetrica. E' corso subito in ospedale, ma non ha potuto vedere il suo bel bambino fino alle 13. In compenso ha potuto parlare con la mamma, che era felice e commossa per questa meravigliosa ed irripetibile esperienza, anche se aveva dovuto faticare un po' per aiutare Michele a nascere.
Dopo 3 ore e mezza dall'avvenimento la mamma si alzava per mettersi in ordine per ricevere parenti ed amici, che sono giunti numerosi ed entusiasti a complimentarsi con i genitori ed a portare bellissimi doni a Michele ed alla mamma.
Il dono più bello (oltre a questo diario) però è stato un magnifico cesto di fiori, confezionato dallo zio Alberto (fratello della mamma), che aveva un fiocco azzurro con la scritta     che si vede sul comodino nella fotografia seguente, scattata sei ore dopo il parto "
 





sabato 8 marzo 2014

Quello che le donne non dicono


Interpretatata da una grande cantante, ma scritta da un maschietto, il cantautore Enrico Ruggeri. Malgrado ciò che pensano molte donne, la sensibilità non è una prerogativa femminile. Penso che l'uomo e la donna  non debbano essere 2 "generi"  in eterna competizione o in  guerra fra loro, come pensano molte femministe e maschilisti, ma il completamento l'una dell'altra, per evitar l'inaridimento e il fallimento di  molte unioni, "con la voglia di capire chi non riesce più a parlare ancora con noi"                            

Guarda il video di "Quello Che Le Donne Non Dicono" 
Ci fanno compagnia certe lettere d'amore
parole che restano con noi,
e non andiamo via
ma nascondiamo del dolore
che scivola, lo sentiremo poi,
abbiamo troppa fantasia, e se diciamo una bugia
è una mancata verità che prima o poi succederà
cambia il vento ma noi no
e se ci trasformiamo un po'
è per la voglia di piacere a chi c'è già o potrà arrivare a stare con noi,
siamo così
è difficile spiegare
certe giornate amare, lascia stare, tanto ci potrai trovare qui,
con le nostre notti bianche,
ma non saremo stanche neanche quando ti diremo ancora un altro "si".
In fretta vanno via della giornate senza fine,
silenzi che familiarità,
e lasciano una scia le frasi da bambine
che tornano, ma chi le ascolterà...
E dalle macchine per noi
i complimenti dei playboy
ma non li sentiamo più
se c'è chi non ce li fa più
cambia il vento ma noi no
e se ci confondiamo un po'
è per la voglia di capire chi non riesce più a parlare
ancora con noi.
Siamo così, dolcemente complicate,
sempre più emozionate, delicate ,
ma potrai trovarci ancora quì
nelle sere tempestose
portaci delle rose
nuove cose
e ti diremo ancora un altro "si",
è difficile spiegare
certe giornate amare, lascia stare, tanto ci potrai trovare qui,
con le nostre notti bianche,
ma non saremo stanche neanche quando ti diremo ancora un altro "si"

martedì 4 marzo 2014

I miei maestri

La settimana scorsa ho visto il bellissimo sceneggiato "Non è mai troppo tardi" sulla vita e la figura del maestro Manzi e mi sono commossa più volte, perché ho rivissuto i miei 20 anni da maestra elementare e perché, come dice QUI  la mia amica blogger Maria Teresa, si rimane maestre per sempre. Inoltre devo proprio a questo maestro e alla trasmissione con cui è riuscito ad insegnare a tanti analfabeti adulti a leggere e a scrivere, la mia scelta di iscrivermi all'istituto magistrale per poter in futuro esercitare questa bellissima professione. Per questo mi è particolarmente caro, perciò  ho cercato di far mio il suo motto nel giudicare i miei piccoli scolari  "Fa quel che può, quel che non può non fa



Domenica scorsa è venuto a mancare un altro mio maestro ispiratore: Mario Lodi, uno dei più grandi della scuola italiana. A lui, nei primi anni '70, mi sono ispirata nei miei primi passi di sprovveduta maestra elementare, dove mi son resa conto come fosse inadeguata la preparazione ricevuta all'istituto magistrale. Da lui ho imparato a stare dalla parte dei bambini, a partire da loro, da ciò che conoscevano e amavano e a capire che ero io a formarmi come maestra insieme a loro, perché mi considerassero un'amica di cui potersi fidare e non un' autorità di cui avere paura. Da lui e con loro ho imparato a raccontare con le parole e con le immagini, a legare alla vita di ogni giorno la ricerca e lo studio, a scoprire l’enorme valore della cultura contadina e che anche un paesino sperduto, come quello in cui anch’io ero nata e insegnavo, ha la stessa dignità di una grande città, a scoprire l’iimportanza della cooperazione, a scrivere insieme ai bambini, a inventare filastrocche con e per loro, ad andare a lezione dalla natura e che la fantasia e la creatività stanno alla base di tutto il sapere. Immensa è la mia gratitudine per tutto quello che ho ricevuto da Cipì, la storia di un passerotto curioso e intraprendente, con tanta voglia di scoprire il mondo, che ha rappresentato la  filosofia dell'educazionee del suo magnifico pensatore e di tanti giovani insegnanti come me, che, invece di distruggere la scuola, come voleva la contestazione studentesca di allora, cercarono, grazie al suo insegnamento, di cambiarla in modo costruttivo, stabilendo un nuovo rapporto tra maestro e scolari.

LA LETTERA DI MARIO LODI AGLI INSEGNANTI
21 settembre 2010

Care maestre e cari maestri,

mi è capitato spesso, in questo periodo, di ricevere lettere o telefonate da qualcuno di voi. La domanda che mi viene rivolta con maggiore insistenza è: “Come facciamo a insegnare, in tempi come questi?”. I sottintesi alla domanda sono molti: il ritorno del “maestro unico”; classi sempre più affollate; bambini e bambine che provengono da altre culture e lingue e non sanno l’italiano etc.
Anch’io, come voi, soprattutto nei primi anni della mia attività di maestro, mi ponevo interrogativi analoghi. Ho cominciato ad insegnare subito dopo la guerra. Le classi erano molto numerose. Capitava anche di avere bambini e bambine di età diverse.
Forse qualcuno di voi ha la brutta sensazione di lavorare come dopo un conflitto: in mezzo a macerie morali e culturali, a volte causate dal potente di turno – ce n’erano anche quando insegnavo io – che pensa di sistemare tutto con qualche provvedimento d’imperio. I vecchi contadini delle mie parti dicevano sempre che i potenti sono come la pioggia: se puoi, da essa, cerchi riparo; se no, te la prendi e cerchi di non ammalarti e, magari, di fare in modo che si trasformi in refrigerio e nutrimento per i tuoi fiori.
Il mio augurio per il nuovo anno scolastico è questo: NON SENTITEVI MAI DA SOLE E DA SOLI! Prima di tutto ci sono i bambini e le bambine, che devono essere nonostante tutto al centro del vostro lavoro e che, vedrete, non finiranno mai di sorprendervi. Poi ci sono altre e altri che, come voi, si stanno chiedendo in giro per l’Italia quale sia ancora il senso di questo bellissimo mestiere. Capitò così anche a me, anche a noi. Cercammo colleghe e colleghi che si ponessero le nostre stesse domande e fu così che incontrammo Giuseppe Tamagnini, Giovanna Legatti, Bruno Ciari e altre e altri con i quali costruimmo il Movimento di Cooperazione Educativa. Poi ci sono anche i genitori e le zie e i nonni dei vostri alunni e delle vostre alunne, che possono darvi una mano, se saprete, anche insieme a loro, rendere la scuola un luogo accogliente e bello, in cui ciascuno abbia il piacere e la felicità di entrare e restare assieme ad altri.
Non dimenticate che davanti al maestro e alla maestra passa sempre il futuro. Non solo quello della scuola, ma quello di un intero Paese: che ha alla sua base un testo fondamentale e ricchissimo, la Costituzione, che può essere il vostro primo strumento di lavoro.
Siate orgogliosi dell’importanza del vostro mestiere e pretendete che esso venga riconosciuto per quel moltissimo che vale.
Un abbraccio grande.                                
Mario Lodi