lunedì 23 giugno 2008

PENSIERO DELLA SETTIMANA


Non c'è speranza senza paura, né paura senza speranza.

Carol Woytijla

martedì 17 giugno 2008

MILLE COSE BELLE


E' solo la traduzione del testo di una canzone che amo molto. Mi è venuta in mente pensando all'incognita della prova che mi aspetta e leggendo alcune considerazioni pessimistiche sulla vita in alcuni blog, soprattutto da parte dei giovani. Credo ci siano più di un paio di cosette per cui vale la pena vivere. La dedico a tutti i miei amici/che blogger, ma soprattutto a chi sta attraversando dei momenti difficili come me, dove tutto sembra andare storto e la depressione è sempre in agguato, dietro l'angolo, pronta ad impadronirsi di loro. Avrei voluto postarla al mio ritorno dall'ospedale, ma lo faccio ora, perché voglio essere ottimista e poter dire in anticipo che anche questa volta ho vinto la mia battaglia nella guerra per la vita. Per ascoltare la canzone in inglese cantata da Annie Lennox cliccate sul titolo.


A thousand beautiful things
Mille cose belle

(Annie Lennox)

Ogni giorno scrivo la lista di motivi
per i quali io credo ancora che
esistano mille cose belle
Anche se è difficile vedere che il bicchiere
è mezzo pieno e non mezzo vuoto

Allora…accendimi come il sole
Per rinfrescarmi con la tua pioggia…
Io non voglio chiudere gli occhi mai più
Non chiuderli mai
Non chiuderli mai

Ti ringrazio per l’aria che respiro
Per il mio cuore che batte
Per gli occhi con cui torno a vedere
mille cose belle
e tutto ciò che è stato e che ho fatto
la battaglia è vinta

il bene e il male in ognuno di noi
fa parte di me affinché io lo ricordi

Allora…eccomi di nuovo qui
A cantare sotto la tua finestra
Raccogliendo i pezzi di ciò che dobbiamo ancora trovare.

Il mondo è stato pensato per noi
Affinché capissimo il nostro destino…
Vivere
Morire
Respirare
Dormire
Provare a rendere la tua vita completa

Allora..
Accendimi come il sole
Per rinfrescarmi con la tua pioggia
Non voglio chiudere gli occhi mai più
Non chiuderli mai
Non chiuderli mai…

Questo è tutto quello che volevo dirti
tutto quello che volevo dirti

venerdì 13 giugno 2008

PENSIERO DELLA NOTTE

Ci vuole tutta la vita per imparare a vivere e, quel che forse sembrerà più strano, ci vuole tutta la vita per imparare a morire.
Seneca

lunedì 9 giugno 2008

PEPPO E ADRIANA: UNA VITA PER GLI ALTRI

Stella col suo bel post Africa: I Missionari mi ha dato lo spunto per parlare di una coppia di amici che da 32 anni dedicano la loro vita ai poveri.

I passi e i gesti di tanti missionari, acquistano dignità giornalistica poche volte, spesso solo quando qualcuno di loro ci lascia la vita.

A volte un'intervista sbrigativa, sullo sfondo dei drammi del terzo mondo, poi via, nel dimenticatoio.


Per Peppo e Adriana non è così. La loro opera a San Nicolas, sperduto paese andino ai piedi del Cotopaxi, sull'altopiano del Paramo nelle Ande ecuadoriane, a due passi dall'Equatore, ricorre spesso sui giornali locali, sfidando le mode e le emergenze. Il motivo di questa eccezionalità
credo sia principalmente nella natura laica della loro vicenda: Peppo e Adriana sono marito e moglie che hanno deciso di sposare la causa dei più poveri dentro l'Operazione Mato Grosso (O.M.G), dove anche Gabriele ed io ci siamo conosciuti, abbiamo operato e condiviso i loro ideali allora. Oggi cerchiamo di dare ancora il nostro piccolo contributo alle numerose iniziative dell'Associazione San Nicolas per sostenere la loro scelta di vita.

Adriana Tiziano, originaria del Mantovano, era un giovane tecnico di laboratorio e la mia più cara amica. Era fidanzata con Peppo Piovanelli, nativo del popolare quartiere di Bottonaga a Brescia, neolaureato in lingue, interprete di professione. Avevano un futuro tranquillo davanti, ma non erano soddisfatti.

Quando lei decise di fare da sola la sua prima esperienza di volontariato per 4 mesi in Brasile, considerai questa sua decisione un piccolo tradimento alla nostra amicizia, ma segretamente la ammiravo e la invidiavo per il suo coraggio e la sua coerenza, libera da condizionamenti e ricatti familiari ed affettivi. Tuttavia ero convinta che sarebbe tornata soddisfatta sì di aver portato a termine questa avventura, ma decisa a non ripeterla e invece mi sbagliavo di grosso.

Al suo ritorno si sposa col suo Peppo che l’aveva attesa pazientemente e lo contagia col suo entusiasmo e, nel 1977, lo convince a partire per la loro prima esperienza di coppia in Ecuador che avrebbe dovuto durare solo 2 anni, ma continua tuttora.


Massimo Tedeschi (giornalista di BresciaOggi) così scrive di loro:

“………Non l'hanno fatto per motivi ideologici (fosse così, avrebbero già gettato la spugna) ma per una radicale scelta evangelica. Hanno preso sul serio la Buona Novella , il discorso della Montagna, e da 32 anni vivono sull'altopiano andino la beatitudine complicata della semplicità, dell'umiltà, della povertà. Questo ha consentito loro di andare controcorrente: di parlare di Cristo e di perdono fra i campesiños negli anni Ottanta, quando sembrava che l'unico verbo praticabile fosse quello di Marx e della rivolta armata e di continuare a parlare della deriva del Sudamerica nel XXI secolo, in tempi in cui lo sguardo pietistico occidentale vuole altro, preferisce guardare all'Asia o all'Est Europa.

Ma il motivo per cui la loro esperienza continua a fare notizia: è il fatto che Peppo e Adriana non hanno tagliato i ponti, hanno mantenuto stretti legami (epistolari prima, telematici poi) con gli amici di Brescia, trovando in loro dei veri e propri ambasciatori senza feluca e senza credenziali della causa di San Nicolas. Gli amici bresciani hanno dato vita a un sodalizio di sostegno, l'Associazione San Nicolas, che con numerose iniziative continua a mantenere viva la loro scelta di vita e a fare notizia: il mercatino natalizio,


i mattoni simbolici venduti per ricostruire San Nicolas dopo il terremoto del '96, il progetto di adozione a distanza degli anziani dell'Ecuador, una borsa per S.Nicolas, il lavaggio delle auto e i mercatini delle torte in quartiere per raccogliere fondi, il progetto-pozzi e la vendita degli intarsi del “taller”, il ponte gettato verso il mondo alpinistico bresciano, la mostra “Una colomba di Pace”. Ma, certo, nessun escamotage comunicativo avrebbe successo se non ci fosse a monte la sostanza, la scelta di vita, la coerenza radicale e spiazzante di Peppo e Adriana. Senza questi fattori non ci sarebbero premi (Peppo ha ottenuto nel 2001 il premio Cuore Amico nell'ambito del “Bulloni”) o aiuti di sorta a tenere alta la notorietà e la simpatia che circondano San Nicolas.

Quando i due partono insieme per l'Ecuador non c'è scritto in nessun contratto, ma i giovani coniugi sanno in cuor loro che questa è la scelta della vita. Una scelta che ben presto plasma la loro famiglia anagrafica, oggi composta da tre figli: uno naturale e due adottive.

I bisogni materiali li prenderanno ben presto al cuore e alla gola e li trasformeranno in contadini, muratori, insegnanti, genitori putativi, presidi e taxisti, infermieri e benefattori, barellieri e cucinieri, mercanti e questuanti, a seconda delle infinite necessità che bussano alla loro porta.

Il primo impegno è nel dispensario medico di Juigua Yacumbamba.

Nell'80 si trasferiscono nella cittadina di Pujilì dove creano la casa campesiña, un ostello-centro civico-dispensario che ospita i campesiños nei giorni di mercato, sottraendoli al marciapiede e alle tariffe-tagliola dei locandieri locali.


Nel 1988 arriva la chiamata a San Nicolas, in una vecchia fazenda del ‘700, cadente, incastonata in una zona agricola poverissima. Il progetto è nitido fin dall'inizio: creare una scuola che dia una formazione ai ragazzi, valorizzi la tradizione della lavorazione del legno. Nasce da lì l'Instituto particular “Don Bosco” di San Nicolas, dove un centinaio di ragazzi trova istruzione (e cibo).


Adriana coi suoi ragazzi a S. Nicolas


Ma l'Instituto è solo una delle iniziative: come primo sbocco occupazionale dei ragazzi viene creata una falegnameria cooperativa (“Centro des Artes”), un “taller”, che dà lavoro a una trentina di giovani, oggi affiancata da un'officina meccanica. I ragazzi che abitano a ore di cammino da San Nicolas trovano nell'antica fazenda anche ospitalità. Di più: trovano una famiglia. La tavolata di casa Piovanelli a mezzogiorno conta un centinaio di coperti. Per i piccoli commensali gli ospiti italiani hanno un nomignolo immancabile: don Pepo e mama Adriana. Il focolare ha anche un tempietto con i suoi lari e i suoi penati. Su tutti spicca l'immaginetta con il sorriso fanciullesco di don Tone Bresciani, il salesiano originario di Pavone del Mella che ha condiviso un bel pezzo di strada con Peppo e Adriana e ora veglia su di loro, da un luogo senza nome, da distanze senza misura.

Scuola, taller, casa-famiglia: sono solo gli aspetti “ufficiali” di San Nicolas. Perché accanto e attorno ci sono i mille gesti quotidiani, la “sopa comunitaria” distribuita periodicamente agli anziani indigenti, il pane regalato senza risparmio. “Come fai a dire di no se un povero bussa alla tua porta?” chiede e si chiede Peppo. E infatti la risposta ogni volta è diretta, senza calcolo, evangelica.

Nei racconti sereni di Peppo, nelle lettere disincantate e talvolta amare di Adriana, San Nicolas assomiglia a una delle città invisibili di Italo Calvino e dipana una trama fatta di gesti e sguardi, memorie e progetti, successi e fallimenti, sogni e disincanto, realismo e profezia.

Nelle testimonianze di chi c'è stato San Nicolas rimane indelebile.

Patrizia Toia, che l'ha visitata da sottosegretario agli Esteri, dice: “Lì ho visto il senso della gratuità, ho scoperto la semplicità di chi fa cose straordinarie”.

Luigi Pettinati, un banchiere, ammette: “San Nicolas mi è rimasta impressa, ho visto il coraggio di queste persone: persone fuori dal tempo, insomma eroi”.

Fausto Camerini, giornalista e scrittore di cose di montagna, è netto: “E' l'unico posto in Ecuador dove ho visto i bambini sorridere”.

Ecco: il vero biglietto da visita di San Nicolàs è il sorriso dei suoi ospiti. Merce rara, perla preziosa, sotto i cieli di un Paese che si sta immiserendo, e che immalinconisce di giorno in giorno. E per questo vale la pena scrivere di San Nicolàs. Ancora e per sempre. “


sabato 7 giugno 2008

PENSIERO DEL GIORNO



In occasione del secondo anniversario di matrimonio di Michele e Laura abbiamo donato loro un bel libro di Leo Buscaglia che Gabriele ed io abbiamo appena letto "La coppia amorosa". Cercavamo una bella frase da scrivere come dedica,
ma nessuna ci è sembrata più adatta di questa, trovata nella prima pagina del libro

"
Siamo angeli con un'ala soltanto e possiamo volare solo restando abbracciati."
di Luciano de Crescenzo da "I pensieri di Bellavista"

Mi è entrata nel cuore, perchè può rappresentare benissimo un amore, un'amicizia, qualcosa di speciale che per esistere ha bisogno necessariamente di un collegamento, una collaborazione, un'unione. Io ho trovato anche qui tante persone con cui poter volare abbracciati e voi?


lunedì 2 giugno 2008

SI PUÒ

SI PUÒ di Giorgio Gaber
si può
si può
si può, siamo liberi come l'aria
si può
si può, siamo noi che facciam la storia
si può.

Si può, io mi vesto come mi pare
si può, sono libero di creare
si può, son padrone del mio destino
si può, posso mettermi un orecchino.

Si può, fare critiche dall'esterno
si può, sputtanare tutto il governo
si può, non far uso dei congiuntivi
si può, siamo liberi e trasgressivi.

Basta uno spunto qualunque
e la nostra fantasia non ha confini
basta un pennello, un colore
e noi siamo pronti
a perpetuare la creatività dei popoli latini.

Si può, fare i giovani a sessant'anni
si può, regalare i blue-jeans ai nonni
si può, in ignobili trasmissioni
si può, schiaffeggiarsi come coglioni.

Si può, far politica coi fumetti
si può, divertirsi con Andreotti
si può, con la satira che straripa
si può, fare il verso persino al papa.

Con quella vena di razza italiana
che è vivace e battagliera
è naturale che poi siamo noi
che possiam cambiar tutto
a patto che si lasci tutto come era.

Si può, siamo liberi come l'aria, si può
si può, siamo noi che facciam la storia, si può
libertà, libertà, libertà, libertà obbligatoria.

Sono assai cambiato, sono così spregiudicato
sono infedele, sono matto, posso far tutto.
Viene la paura di una vertigine totale,
viene la voglia un po' anormale di inventare una morale
utopia, utopia, utopia-pia-pia.

Si può, ignorare gli intellettuali
si può, fare il tifo per gli animali
si può, far la guerra per scopi giusti
si può, siamo autentici pacifisti.

Per ogni assillo, rovello sociale, sembra che la gente goda
tutti che dicono la loro, facciamo un bel coro
di opinioni fino a quando il fatto non è più di moda.

Si può, rovesciare la notte e il giorno
si può, eccitarsi con un film porno
si può, patteggiare sulla galera
si può, ricantare "Faccetta nera".

Si può, trasgredire qualsiasi mito
si può, invaghirsi di un travestito
si può, consultarsi con una strega
si può, farsi ognuno una bella lega.

In questa tua libertà illimitata
di espressione e di parola
l'unica rivoluzione che noi abbiamo fatto
ha un difetto:
è la rivoluzione della Coca-Cola.

Si può, siamo liberi come l'aria, si può
si può, siamo noi che facciam la storia, si può.

[parlato] Ma come? Con tutte le libertà che avete, volete anche la
libertà di pensare?

Utopia, utopia, utopia-pia-pia.

Libertà, libertà, libertà, libertà,
libertà, libertà, libertà, libertà,
libertà, libertà, libertà, libertà...


domenica 1 giugno 2008

FIORE DI CACTUS

Prima fioritura

Sul balcone della casa del babbo di Gabriele era rimasto solo un vecchio cactus in un vaso. Sembrava stesse spegnendosi con lui. Poi improvvisamente ieri mattina questa fioritura meravigliosa e profumatissima, durata purtroppo però solo lo spazio di un giorno.



Dettagli della prima fioritura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa mattina il ”miracolo” si è ripetuto e voglio rendervi partecipi di questa meraviglia. 

Non mi sono ancora attrezzata per trasmetterne anche il profumo, ma ci proverò. Questi fiori per me acquistano un significato particolare in questo periodo, perché dimostrano che anche in mezzo alle spine e al dolore può nascere qualcosa di tenero, di bello, di buono e che procura gioia.

Seconda fioritura